L’otto settembre 1943 (data dell’armistizio italiano con le forze anglo-americane) rimane uno degli eventi più tragici della nostra storia. Dalla data dell’armistizio gli alleati, il Re e il Generale Badoglio non presero nemmeno in considerazione l’ipotesi di affrontare le truppe tedesche anche dove le forze militari l’avessero permesso. Le truppe tedesche, dopo aver occupato il paese con 18 divisioni e migliaia di uomini, avevano iniziato la loro opera di devastazione, arrestando e deportando nei lager del Reich 600 mila militari italiani, contrastati da pochi isolati episodi di resistenza, da Roma a Cefalonia e alle Isole Egee e scatenando la caccia alla comunità ebraica poi sterminata nei “campi della morte” di Auschwitz-Birkenau. Le truppe Alleate destinate alla rapida liberazione del Paese si erano bloccate. L’ostinata opposizione tedesca portò alla decisione anglo-americana di optare per la campagna di Normandia e non di risalire la Penisola: decisione che ritardò di un anno la fine della guerra. Solo un’estrema minoranza di italiani, raccolta nei Comitati di Liberazione Nazionali, esponenti della classe operaia, vecchi antifascisti, reduci dal confino e dalle carceri, militari dell’esercito regio, aveva avvertito che la guerra non era finita e se ne stava aprendo un’altra, questa volta sul suolo patrio.
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